giovedì 13 dicembre 2012

...

In certi momenti vorresti solo chiudere gli occhi, riaprirli e scoprire che è stato tutto un brutto sogno.
Mi è capitato diverse volte, l'ultima pochi secondi fa.
Stavo pensando ai propositi per l'anno nuovo, sapete quelle promesse vane e spesso assurde che si fanno poco prima della notte di Capodanno? Quelle affermazioni come "inizierò una dieta" o "smetterò di fumare", quei propositi che già dopo la sbronza del 01 Gennaio verranno accantonati nel cassetto, smarriti tra i sogni da bambini e la polvere accumulatasi.
Mentre pensavo a tutto questo ho inevitabilmente ripensato al mio 2012.
Il mio primo pensiero è stato totalmente contaminato dal periodo non molto lieto che sto vivendo. Ho pensato "wow, che schifo di 2012, non vedo l'ora sia il 2013".
Po ripensandoci mi sono resa conto che il mio inizio 2012 non è stato tanto male.. all'apparenza ho vissuto una vita quasi invidiabile. Bella casa, bella relazione, laureata in tempo, 2 viaggi. Poi qualcosa si è incrinato. La crepa c'era già, chissà da quanto, e non ha fatto che espandersi silenziosa nei mesi finché ad un certo punto, la struttura ha ceduto. E ovviamente quando succede qualcosa di destabilizzante nella propria vita, scatena una reazione a domino, per cui alla prima ne segue una seconda e una terza.
Quindi per un secondo ho chiuso gli occhi, pesti e doloranti per le 3 ore di sonno scarso che ho fatto la notte scorsa, e quando li ho riaperti ho sperato di essere tornata all'inizio del 2012. Quando la mia vita aveva un'apparenza quasi invidiabile. Quando certe cose avevano un senso, e quando altre che non ne avevano non mi preoccupavano affatto.

venerdì 30 novembre 2012

Tutti noi facciamo sciocchezze...
C'è chi ne commette tante, troppe, e chi non ne commette mai..
o semplicemente è molto bravo a nasconderlo..
Credo sia normale sbagliare, e credo sia normale farlo a tutte le età...
Ma a 23 anni ogni sbaglio sembra tramutarsi in un macigno con una catena attaccata alla tua caviglia...ed ogni giorno della tua vita accumuli uno o più macigni fino a che non riesci più a camminare, ad andare avanti, perché il peso immane di quei macigni te lo impedisce..
La cosa più umiliante è il fatidico "mattino dopo"...dopo ogni sbaglio c'è un "mattino dopo"...
Il momento in cui, sdraiata a letto, cominci ad aprire gli occhi e il cervello comincia ad ingranare il ricordo dello sbaglio commesso appare come un flash subdolo e meschino... e continui a riviverlo e a riviverlo nella tua mente...e poi sei goffa, impacciata, pensierosa....ti vergogni e ti prenderesti a pugni o a manate o a testate...
Prima o poi te ne scorderai e passerai oltre ma quei momenti in cui gli sbagli ti tornano alla mente sono devastanti...perché non c'è niente che si possa fare per diminuire quel senso di inadeguatezza che segue il momento in cui si sbaglia...


lunedì 26 novembre 2012

..to the bottom..

Quand'è che ci si accorge di aver toccato il fondo?
Qualsiasi cosa si faccia arriva un momento in cui ci si rende conto di essere precipitati "dalle stelle alle stalle", o per dirlo in maniera più elegante e "internazionale", from the top to the bottom...
Ultimamente credo di aver raschiato il famoso fondo del proverbiale barile.
Continuo a pensare di voler/poter parlare con una persona che non ha assolutamente intenzione di farsi sentire, e arrivo a pensare di fare cose, prendere iniziative e decisioni che cancellerebbero in un attimo tutta la mia dignità.
La cosa assurda è concedere a qualcuno la possibilità di poterci togliere con un gesto, una parola, o con la loro totale mancanza, tutta la dignità di cui siamo dotati.
Chiaramente è una scelta personale quella di concedere ad una persona questo potere...però se ti fidi di qualcuno, o cominci a farlo, o comunque ti coinvolgi in qualunque modo che comprenda dei sentimenti, è difficile non mettersi in gioco, e non lasciare dei "nervi scoperti"...
Ma fa schifo quando gente di dubbia moralità (di cui però non conosci ancora la vera natura), con la quale ti apri, provi a fidarti, prima ti fa credere che ci sarà, che sarà presente per te, e poi sparisce, senza ma e senza se, senza motivi apparenti, senza vergogna..
Fa schifo rendersi conto, ancora e ancora, che le persone non si comporteranno mai con te nello stesso modo in cui ti comporteresti nei loro confronti se solo fossero al tuo posto.
Non dico che c'è un modo giusto o sbagliato di comportarsi; ognuno, soprattutto in casi in cui i rapporti sono piuttosto confusi, o meglio la loro natura, è libero di agire e reagire come meglio crede...ma c'è un limite a quello che una persona dovrebbe poter tollerare...
Quand'è che ci si accorge di aver toccato il fondo?

mercoledì 21 novembre 2012

momento di ordinaria follia

Così di getto, senza pensarci, senza rimuginarci..senza chiedermi se sia giusto o sbagliato quello che penso, quello che provo...
Scrivo in preda ad una sorta di delirio consapevole, una rabbia razionale e guidata, anche se non precisamente mirata.
Scrivo contro tutte quelle persone che si sentono in diritto di elevarsi al gradino superiore agli altri dicendo la (odiata, da me) frase "io ci sarò sempre per te, sappilo"...
BENISSIMO!
analizziamo insieme questa orribile, falsa, ipocrita, senza senso proposizione, che così tanto illude e fa a pezzi il cuore e la mente di chi la ascolta..
IO: Io nella maggior parte dei casi vuol dire "la mia segreteria telefonica" o "la mia casella vocale", perché quella persona, una volta la riesci a contattare, magari anche a vedere, ma dopo svanirà, veloce come spariscono i panini al latte ripieni di prosciutto cotto ad una festa di bambini.
CI SARÒ SEMPRE: Qui la parte assurda è SEMPRE, ovviamente....SEMPRE è un periodo che nemmeno nelle storie d'amore più belle, pure e (reali?) dell'intero mondo animale, vegetale e minerale (sì, per me sempre comincia ad avere senso solo se associato a delle pietre .__.) esiste.
Sempre non esiste, ma non esiste nemmeno in una sua frazione più piccola...perché quel simpatico sempre diventa "ci sentiamo presto", poi "ci sentiamo in questi giorni" e poi un vago e frustrante "ci si becca / ci sentiamo / ci vediamo"...
PER TE: Questo ti illude più di qualsiasi altra cosa...perché, qualunque sia la natura del rapporto con la persona incriminata che pronuncia la frase, voi state pensando che effettivamente occupate un qualche posto speciale nella sua vita, o nel suo cuore, e che comunque lui/lei si preoccuperà di voi...SBAGLIATO!!! Si sta solo scaricando la coscienza, e quel "PER TE" non è altro che un rafforzativo del suo gigantesco ego, un modo con il quale in realtà sta affermando il suo potere su di noi...perché se lui/lei "PER ME" ci sarà, se io penso che lui/lei ci sia, mi aspetterò che si faccia sentire, che mi cerchi, anche dopo che lo avrò fatto io e lui/lei mi avrà ringambato con miliardi di scuse (che possono anche essere reali, per carità, ma sicuramente dopo due volte che "dai buca", poi se ci tieni, ti fai vivo tu).
SAPPILO: vabbè, SAPPILO è il fottuto rafforzativo, l'intercalare che alla stregua di "cazzo", "ovvio", "certo", completa una frase priva di qualsivoglia significato ma che è capace di mandarti in botta il cervello...

martedì 13 novembre 2012

One sleepless night..

Talvolta gli ostacoli che la vita ci presenta sono più grandi di noi..
Chi ci crede, dice che Dio non pone sul nostro cammino niente di più di ciò che non possiamo affrontare..
C'è chi dice che il destino è quello che è e che non possiamo fare altro che lasciarci trascinare dal turbinio di azioni ed emozioni..
Le persone vanno e vengono, ci lasciano con cognizione di causa o senza motivi apparenti..
I cambiamenti ci colpiscono come un pugno in faccia o semplicemente passano e noi ci accorgiamo solo dei loro effetti e conseguenze..
In un momento di debolezza è facile farsi schiacciare da tutto quello che si sta vivendo.. è facile pensare di mollare, di lasciarsi andare...
Scappare.. gridare.. ferirsi.. farsi male.. persino togliersi la vita..
Come si può biasimare una persona che cerca in qualche modo di superare quello che gli si presenta nella vita? Se una persona non si sente in grado di affrontare uno, dieci, cento ostacoli che gli si presentano davanti, che diritto abbiamo di dirgli quale NON sia la scelta da prendere?
In questi ultimi 3 mesi direi me ne sono successe molte..troppe...apparentemente niente di così scandaloso e degno di nota..ma a 23 anni, così come a 16, o a 30, piccoli problemi assumono dimensioni gigantesche...sopratutto se si è inclini a farsi sopraffare dai problemi...
Bene, tutto quello che ho realizzato da quando sono in questa situazione è che non sono più io..ho perso "la mia moltezza" (tanto per citare "Alice in Wonderland" di Tim Burton)..ho perso il contatto con (in questo caso) la mia realtà, con quella che ero e che dovrei essere...

domenica 30 settembre 2012

E se un giorno, inspiegabilmente, fosse possibile ottenere la facoltà di tornare indietro nel tempo? Se un giorno ci svegliassimo e scoprissimo di poter effettivamente, attraverso un semplice gesto, trasformare indelebilmente la nostra vita, chi rischierebbe?
Quando ero bambina il mondo mi sembrava un luogo totalmente inospitale. La maggior parte dei miei coetanei affrontava la vita con entusiasmo, mi sembravano sempre pronti ad aggredire gli ostacoli con la spensieratezza tipica della "tenera età".. Io non ero spensierata e tendenzialmente soffocavo le mie ansie dietro un muro di spavalderia e un sorriso che è riuscito a non crollare solo fino agli 8 anni.
Se ci penso bene probabilmente il momento di maggior consapevolezza del mondo l'ho avuto prima dei 10 anni. Trovo penoso che una bambina sia dovuta arrivare a tanto così presto. Ma non do colpe a caso o giudico chicchessia per cose ormai sepolte sotto infiniti granelli di tempo perduto.
Però mi sono fermata a riflettere.. E se fosse quello il mio "momento di svolta"?
Credo che nella vita di tutti ci sia stato, o ci sia in generale, meglio, un momento "epico", in cui la propria vita ha imboccato una strada e non è più stata la stessa. Nel bene e nel male. Lo reputo un passaggio obbligato, nessuno può vivere in eterno come fanno i bambini, nemmeno se si parla di affezione alla sindrome di Peter Pan.
Da quel momento in poi la vita ha assunto un nuovo significato, un nuovo sapore, un nuovo colore. Totalmente diverso da quelli che aveva prima, ma così dannatamente sottile la differenza da rendersi impercettibile. Questo fa sì che sia impossibile determinare il momento esatto di svolta. Quindi, come capire in che momento tornare indietro e cambiare la propria vita?

martedì 22 maggio 2012

e quando non ci sono gli abbracci che cosa rimane?

Quando non ci sono più parole, ci sono gli abbracci..
e quando non ci sono gli abbracci che cosa rimane?
Quando si pensa che qualcosa debba essere fatta è difficile reprimere questo sentimento per molto tempo. E quando esso esplode è come un uragano, trascina con sé tantissime altre cose, scaraventandole in ogni direzione e ad una tale velocità che è pressoché impossibile riuscire a trattenerle.
Un tornado di parole investe chiunque si trovi davanti. La verità è come un sasso lanciato con una fionda: finché l'elastico è teso puoi provare a trattenerla, ma quando cominci a perdere la presa ormai è troppo tardi, il sasso è andato, è partito.
E al pari di un sasso, la verità fa male, molto male. Fa male a chi la ascolta ma spesso fa male anche a chi la deve dire. Dire la verità innesca una serie infinita di nuove reazioni. Dire la verità fa sì che anche l'interlocutore sia propenso a dirla, perché inevitabilmente spera che mettere in mostra il proprio cuore porti a qualcosa di buono, e non alla disfatta totale. C'è anche chi dinnanzi alla verità mente, cerca di nascondersi dietro una maschera di bugie, che però si sgretolerà sotto il peso di una prima lacrima sincera.


martedì 1 maggio 2012

3 al 23

..sentirsi in trappola nella propria vita..fa paura..fa schifo..non dovrebbe essere così..
Cerchi invano una soluzione, una via di fuga, un qualcosa che ti dia quella parvenza di libertà e libero arbitrio che tanto disprezzi ma che in fondo è vitale e bellissimo saper di avere..
Girare senza sosta, come una trottola o una giostra o un girello.. sentire lo stomaco che non ce la fa più e la testa e il cuore che martellano impazziti, il suono dei battiti che soffoca le orecchie e ti isola dalla confusione del mondo esterno..ti incatena alla semplice paranoia della tua vita..
Cerchi di sentire i tuoi pensieri ma sono come annegati, o meglio, immersi nella gelatina, dispersi nella nebbia.. speri che sia tutto un incubo e che di lì a poco arrivi qualcuno a scuoterti per le spalle dicendoti di alzarti da quel benedetto letto e di andare a vivere la tua vita..
E poi ti rendi conto che la stai già vivendo la tua vita..
Incasinarsi l'esistenza con gesti, parole e pensieri.. Ad ogni passo temere di fare quello successivo, temere di sbagliare ancor prima di provare, perché il passato ti ha insegnato solo che HAI commesso errori..
Dubitare di se stessi e delle proprie scelte..anche quelle che in fondo ti hanno dato qualcosa di positivo..dubitare delle scelte sbagliate perché convinti di non averne tratto i giusti insegnamenti..
Dubitare delle proprie capacità anche se qualcuno qualcosa in te lo ha notato..cambiare idea su talenti e passioni che sapevi di amare..

giovedì 26 aprile 2012

Identificazione, specchio


Questo post non sarà un libero fluire di pensieri e parole, ma una citazione (diciamo pure "un estratto", data la quantità di cose che scriverò) dal libro "Cinema e Psicanalisi".

"Il significante cinematografico è percettivo (visivo e uditivo). 
Lo è anche quello della letteratura, poiché occorre leggere una catena di parole scritte, ma quel significante interessa un registro percettivo più ristretto: solo dei grafemi, una scrittura.
Lo è anche quello della pittura, della scultura, dell'architettura, della fotografia, ma ancora con dei limiti, che sono diversi: assenze della percezione uditiva, assenza, nel visivo stesso, di certe dimensioni importanti come il tempo e il movimento (c'è ovviamente il tempo dello sguardo, ma l'oggetto osservato non si inscrive in un segmento preciso del tempo). 
Percettivo è anche il significante della musica, ma anch'esso è meno <<esteso>> di quello del cinema: qua è la visione che fa difetto, e nello stesso ambito auditivo, la parola ascoltata (tranne che nel canto). 
Ne risulta insomma che il cinema è più percettivo, di molti altri mezzi di espressione, mobilita la percezione lungo un maggior numero di assi.
[..] Tuttavia questa superiorità in qualche modo numerica, tende a scomparire se si paragona il cinema al teatro, all'opera lirica e ad altri spettacoli analoghi. Anche questi ultimi coinvolgono contemporaneamente la vista, l'udito, l'audizione linguistica e quella non linguistica, il movimento e lo svolgimento reale del tempo. Differiscono dal cinema sotto un altro aspetto: non sono costituiti da immagini, le percezioni che essi propongono all'occhio e all'orecchio si inscrivono in uno spazio reale contiguo a quello che occupa il pubblico durante la rappresentazione. [..] Non si tratta qui del problema della finzione, ma dei caratteri definitivi del significante: la rappresentazione teatrale può mimare una storia oppure no, resta però che la sua azione, per quanto mimetica, è assunta da persone reali che si muovono in uno spazio e un tempo reali, sulla <<scena>> stessa in cui si trova il pubblico. L'<<altra scena>>, che giustamente non si chiama così, è lo schermo cinematografico: quello che si svolge può anche essere più o meno una finzione, ma questa volta è lo stesso svolgimento ad essere fittizio [..].
Così il cinema <<più percettivo>> di certe arti, se consideriamo l'elenco dei suoi registri sensoriali, è ugualmente <<meno percettivo>> di altre arti appena si considera lo statuto di quelle percezioni e non più il loro numero e la loro diversità: perché le sue percezioni, in un certo senso, sono tutte <<false>>. O, piuttosto, l'attività di percezione è reale, ma ciò che viene percepito non è l'oggetto reale, è la sua ombra, il suo fantasma, il suo doppio, la sua riproduzione, un nuovo tipo di specchio [..]. Più delle altre arti, o in maniera più singolare, il cinema ci coinvolge nell'immaginario: la percezione viene sollecitata massicciamente, ma per essere immediatamente capovolta nella sua assenza, che tuttavia rimane il solo significante presente."

domenica 11 marzo 2012

11/03/2011 - 11/03/2012

Vorrei trovare parole più belle di quelle che ho in mente e che conosco per esprimere ciò che sento...

Oggi mi sono svegliata con uno strano malessere nel cuore...non ho capito subito di cosa si trattasse, poi ho realizzato che siamo esattamente ad un anno da uno dei disastri più incredibili che abbiano mai colpito l'essere umano... Un anno fa, esattamente l'11/03/2011 il mondo ha subito un brusco, inevitabile (almeno in parte), devastante cambiamento.
Il Giappone venne investito dall'onda d'urto di un terremoto di magnitudo 8.9... e 64 minuti dopo lo tsunami portò via e risucchiò nel mare quanto precedentemente raso al suolo.

Fatti più o meno noti, informazioni più o meno rilevanti o giuste e sbagliate sono state, da allora, divulgate nel mondo attraverso web, televisioni, radio... Ma si è sempre più tralasciato il calore umano, i sentimenti di quanti hanno perso molto, o tutto, per far posto alla bieca bramosia di potere, supremazia e denaro.
Ormai a nessuno interessa che siano morte decine di migliaia di persone...
Ma a me importa...e non perché così facendo assumo una posizione, ma perché amo quel paese che non ho mai visto, e vorrei poterlo vedere un giorno. Perché quelle persone meritavano di poter essere salvate e io e altre persone meritavamo, se possibile, per gentile concessione del destino o di chi per esso, di incontrarle...
Un discorso piuttosto astruso, mi rendo conto, e poco obiettivo...per le stesse ragioni uno dovrebbe poter scrivere parole per le vittime di ogni guerra, catastrofe, incidente o cataclisma che accade nel mondo..BENE! perché non farlo?
Nel mio piccolo ho voluto ricordare i giapponesi e non il Giappone... non ho scritto di ognuno di loro, non li conoscevo ovviamente, ma non potrò mai conoscerli....ma il solo pensare a loro li rende reali e vivi, almeno per un po'..
E se può sembrare puerile parlarne esattamente ad un anno dal disastro.. beh, oggi sarò immatura e puerile!!

sabato 3 marzo 2012

"E adesso cosa faccio?"

Ci sono momenti nella propria vita in cui si realizza di aver finito... finito la pazienza, finito un'avventura, un percorso emotivo, professionale o personale... ed è allora che sorge spontanea, cristallina anche nella mente più annebbiata, la domanda "E adesso cosa faccio?".
Parrebbe la domanda più banale di questo mondo... Ma ovviamente non lo è.
"E adesso cosa faccio?" non si riferisce semplicemente all'atto di "FARE" qualcosa in sé quanto piuttosto al fatto di ricominciare ad "ESSERE" un'altra persona, al cominciare una nuova fase della propria esistenza.
Parlare di fasi, di inizi, di ricominciare fa sempre pensare ad una qualche terapia d'urto da realizzarsi in seguito ad una delusione.. secondo me la nostra vita è costellata di fasi, di nuovi inizi...andare a scuola ha sempre innescato nuove fasi...ogni anno, ogni giorno forse... alzarsi la mattina col piede destro o col sinistro crea nuovi e stimolanti inizi... rispondere ad una domanda...dire sì piuttosto che no, o viceversa....
"E adesso cosa faccio?" non ci assilla la mente solo quando la noia ha il sopravvento sulle nostre abitudini... né ci sommerge quando arriviamo davanti ad un bivio, ad un crocevia, o ad una scelta...però forse ci accorgiamo della sua presenza, sappiamo di porcela effettivamente solo quando siamo ormai nel panico e pensiamo di non avere più tempo per vivere la nostra decisione con serenità..."E adesso cosa faccio?" è una domanda che si nutre della nostra paura di fallire e di sbagliare, si alimenta dell'angoscia che ci portiamo dietro ogni qualvolta che qualcuno ci insinua un dubbio (o quando siamo noi stessi ad insinuarlo)...
Credo sia impossibile smettere di porsi questa domanda del tutto... credo... perché non si basa su un qualcosa di già fatto, non agisce subdolamente alle spalle come "Ma se avessi agito in maniera diversa?"...non agisce nella sfera dei rimpianti.
"E adesso cosa faccio?" è la domanda che ci permette di riflettere su noi stessi..ma allo stesso tempo, se non siamo capaci di concepirla come aiuto piuttosto che come presenza demotivante, è la domanda che più di tutte può paralizzarci...

venerdì 24 febbraio 2012

...

E sei lì che pensi...
è un venerdì sera e tu stai lì a pensare, anche se non vorresti.
Il solo pensare di non riuscire a non pensare ti manda in paranoia..ma anche se la televisione/la radio è accesa e una o più voci sovrastano ogni altro suono, il rumore dei tuoi pensieri è sempre più forte, è assordante nella sua silenziosa ossessione.
Ossessionata dai pensieri..ossessionata dal silenzio che essi producono all'esterno di me...ossessionata dal caos che risuona nella testa...
Pensieri razionali che non seguono un filo logico...e pensieri illogici che seguono un percorso razionale...